Il quarto pistone



Era la metà di novembre dello scorso anno quando è spuntata la possibilità di andare a passare un mezzo weekend tra amici all'estremo ovest del Piemonte; il mio unico cruccio era l'affidabilità della mia vecchia auto, che nell'anno precedente aveva subito diversi interventi a motore aperto (vedi No car per come è poi finita la mia vecchia amica arancione e tredicenne).
Io, per ragioni di impegni, avrei raggiunto le altre persone il secondo giorno.


» Giorno 1

Ricevo una chiamata nel primo pomeriggio: gli altri sono in viaggio verso la destinazione, mi dicono di aver appena passato Chivasso per poi prendere la Tangenziale Nord di Torino e proseguire fino a destinazione; se la sghignazzano e vogliono assicurarsi che io tenga fede all'impegno, e su questo faccio le mie assicurazioni, ma riporto i miei dubbi sull'affidabilità del mio mezzo, e scherzosamente gli dico qualcosa tipo "...sempre che non rimanga a piedi all'altezza di Chivasso! Nel caso mi verreste a recuperare?".
Risate.
Appuntamento per domani.




» Giorno 2

Parto tranquillo e organizzato, pronto a passare una bella giornata, ma sempre con quella preoccupazione di fondo sulla mia amica a quattro ruote.
Durante il viaggio ricevo un paio di telefonate di verifica; la prima è poco dopo la partenza, ridiamo e scherziamo e ribadisco la spiritosaggine: "oh, guardate che io arrivo fino a Chivasso, poi mi dovete venire a prendere, eh?! Non abbandonatemi in mezzo al Piemonte da solo e appiedato! "Lost in Piemonte" non fa figo da nessun punto di vista!". No no, tranquillo, e via così.
Arrivo all'altezza di Chivasso e supero agevolmente il tratto che costeggia la città a nord, e poco dopo rallento per il casello, dato che la Milano-Torino finisce e da lì avrei preso la Tangenziale Nord, che è gratuita.
E' qui, quando mi fermo al casello, che mi accorgo che qualcosa non va come dovrebbe: la macchina è tutta un tremore e il motore sputacchia. In quel momento ho capito come dev'essere infilare il biglietto e la carta nella fessura avendo il Parkinson, e da allora sono molto più paziente con il tizio impedito che mi trovo sempre davanti a qualsiasi casello (sì, sono certo che sia sempre lui, con diversi travestimenti).
Alla fine ce la faccio, si alza la sbarra e, con una gocciolina di sudore sulla tempia, tento di riprendere la corsa, ma la macchina esita, sputacchia, traballa tutta, non riesco più a raggiungere i 90 Km/h.

Fine del racconto.


Epilogo: alla fine non sono rimasto a piedi. Ho raggiunto comunque in qualche modo il posto e sono anche riuscito a tornare, ma non ci avrei scommesso. In realtà con la vecchia socia sono andato in giro ancora fino alla fine di maggio scorso, pur facendo 10 Km con un litro e vedendola soffrire terribilmente.
Il meccanico mi ha detto che era andato un pistone. Andato significa assente: non c'era più compressione nella camera di scoppio: motore da buttare. Ancora oggi mi aspetto da un giorno all'altro di veder comparire un tizio con accento piemontese che mi mostra uno gnocco di metallo fuso e mi chiede "E' suo? Mi dica di sì, sono venuto fin qui da Chivasso per riportarglielo!".


Coincidenza? Certo. Chiaramente.

Probabilità? Basse, ma che diavolo: prima o poi doveva succedere; tra l'altro, è chiaro che dovevo aver avuto sentore che la macchina stava tirando gli ultimi; se ho detto Chivasso e non un altro posto è stato solo perché gli altri la avevano appena menzionata. Inoltre poteva succedere qualsiasi altro giorno in qualunque altro luogo e non ci sarebbe mai stato questo inutile spreco di bit in Internet né lo spreco del prezioso tempo dei miei Lettori. Certo può colpire che nei 13 anni di vita dell'automobile, con una battuta di spirito io abbia centrato precisamente i 4,5 minuti necessari per percorrere i 10 Km che dividono Chivasso da Torino a 130 Km/h. Proprio una bella coincidenza! Ma restiamo coi piedi per terra.

Ipotesi? Nessuna. Non fare quella faccia, caro Lettore. Potrei perdere degli amici se sbaglio una parola adesso. Mettiamola così: se fossi ammattito direi stupidaggini tipo che ci sono almeno due approcci di base oltre alla coincidenza: preveggenza e creazione.

Preveggenza significa che in qualche modo o il futuro esiste già, o che ci sono dei collegamenti all'indietro dal futuro, che il presente non è esattamente un istante ma una fase in un continuum che sfuma all'indietro e in avanti e che, in particolari condizioni, qualcosa possa essere anticipato in modi che non possiamo immaginare. All'estremo, quando si dice il futuro esiste già ci si riferisce a qualcosa di difficilmente immaginabile: che il tempo sia un'illusione, che l'Universo intero sia già stato, o meglio, che non sia statosarà perché queste parole si riferiscono all'idea di tempo, di prima e di dopo, ma in realtà l'Universo sarebbe un semplice qualcosa che include in sé, istantaneamente, anche tutto il tempo dall'inizio alla fine, e se noi non ce ne accorgiamo è perché ci siamo dentro e, per qualche ragione, ricordiamo solo gli eventi in una direzione ("passato") ma non nell'altra ("futuro"), salvo occasionali flash. Esagerato? Lascia perdere, è speculazione.

L'altra possibilità è la creazione. Della realtà, ovviamente. Se fossi ammattito direi che il nostro Universo potrebbe essere solo una proiezione, una specie di ologramma o allucinazione collettiva, frutto della nostra credenza nella sua esistenza. Una specie di campo condiviso generato dalla psiche di noialtri e di tutti gli altri esseri viventi. Noi non scopriamo le cose, le creiamo dentro e attorno a quelle che già conosciamo; ecco perché quando andiamo a curiosare tra le particelle scopriamo che in pratica non esistono, e sembrano comportarsi a seconda delle aspettative di chi le osserva. La possibilità di intervento da parte di una sola mente è piuttosto limitata, perché deve vincere la forza creatrice e le regole del gioco di tutte le altre, ma in un campo ristretto può riuscire a sviluppare degli effetti e, se non stiamo attenti a quello che pensiamo, rischiamo di creare delle cose spiacevoli, come una crepa in un vecchio pistone.
Mentre passavo da Chivasso, io ci stavo pensando. E non ero solo: c'erano altre persone che avevano nella mente questo evento, quindi le coscienze in gioco erano più di una, quindi una potenza moltiplicata.

Sempre se mi fossi bevuto il cervello, tra le due ipotesi la seconda sarebbe di gran lunga la mia preferita. Un Universo che è schiuma elettrica, senza solidità reale, e soggetto al Potere della Coscienza, come una specie di immenso videogame in cui possiamo interagire con la realtà attraverso il semplice potere creativo dei due emisferi del cervello uniti in un unico strumento, sia razionale che magico, in perfetto equilibrio tra loro, che agiscono come un'antenna, una rice-trasmittente di energia, che può far bruciare le lampadine nei lampioni e spingere, deformare e facilitare l'andamento delle cose a distanza, perché in fondo non esistono, e in cui l'unione di tante di queste "antenne", se sintonizzate sulla stessa idea, può generare un campo di forza molto più potente della singola, fino a realizzare veri e propri miracoli.
Non è fico?

No, sono tutte cazzate.
Pensa allo spread, mi raccomando. Quella sì che è realtà.




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