L'Amore e l'Abisso




Bella immagine, vero? Cose d'altri tempi.

Si parlava qualche sera fa del mondo moderno, dei matrimoni che scoppiano a tappeto come chicchi di mais in padella, e sono emerse una serie di considerazioni interessanti al di là delle banalità più comuni che si potrebbero leggere in un articolo sul Corriere o su Repubblica, basate su stupidaggini come dovere e responsabilità, i valori cari alla Cultura dei Dominatori. Un'amica raccontava della nonna che nei suoi ultimi dieci anni da vedova ogni sera si coricava chiamando il suo Giuseppino e chiedendogli di portarsela lassù con lui. Commovente.

Da allora sono cambiate un po' di cose.




La prima è che queste erano persone nate e cresciute in un mondo in cui il divorzio non esisteva. Non esisteva è diverso da non era possibile: una cosa che non esiste, perché non c'è la parola, non può nemmeno essere pensata se non da qualcuno che abitualmente viaggia parecchio con la mente. Per chi ha seguìto nei precedenti post l'importanza che hanno le idee e il linguaggio nel formare la nostra immagine del mondo e della vita sarà chiaro che questa già da sola è una differenza sostanziale.

La seconda è che nel mondo di allora non c'erano la TV, il cinema, i soldi, le automobili, i cellulari, c'era un giudizio morale molto più rigido e infinitamente meno opportunità.

La terza è che questa gente aveva fatto la guerra ed era figlia di gente che ne aveva viste due, e vedere una guerra è una cosa che ti cambia un tantinello il fondo-scala della scala dei valori.

Una quarta considerazione è che quando la vita è più dura il legame con gli altri è più forte, la selfishness diventa un clamoroso autogoal, l'Ego se ne sta più tranquillo perché ha poche possibilità di espandersi come un pallone dato che vede come sia collegato a tutti gli altri.

Oggi chi ha visto la guerra ha almeno 85 anni, cioè rappresenta una minima frazione della popolazione; tutti gli altri hanno una scala della tolleranza piuttosto piccola, e dopo il boom economico la gente ha vissuto piena di vizi e di opportunità, il che ha ulteriormente ristretto la tolleranza al disagio, in compenso ha acquisito una nuova scala che è quella dell'appagamento, in cui la lancetta deve sempre segnare il massimo altrimenti sono guai. Tutto questo non può essere considerato un male perché il Benessere è il grande obiettivo di ogni specie vivente, ma inevitabilmente ha avuto dei contraccolpi notevoli su altre cose, ed è anche per questo che i vecchi modelli non funzionano più.

Di certo siamo in un periodo storico di notevole trasformazione, sono cambiate più cose negli ultimi 20 anni che nei due secoli precedenti, e considerando che le nuove generazioni assistono via via a scenari sempre diversi diventa impossibile fare previsioni, se non quella che stiamo assistendo ed assisteremo a qualcosa che culturalmente assomiglia ad un vaso che va in pezzi, nel senso che da una mono-Cultura sopravvissuta per secoli con lente e piccole trasformazioni stanno partendo decine o centinaia di culture parallele che si frazionano sempre più in modo frattale e che andranno in mille direzioni diverse, per poi probabilmente confluire in una Nuova Cultura coagulata su alcune linee-guida che già oggi cominciano ad intravedersi.




Ma per quanto riguarda l'Amore?

Ho brutte notizie per i romantici del Terzo Millennio. L'Amore è tante cose, ma per quanto riguarda il mito del "matrimonio" oggi nella maggior parte dei casi è una cosa di ormoni, di supporto psicologico per personalità recessive, di finzione per aggirare la solitudine, di finzione per dividere le spese (più affitto che affetto), di finzione per ottemperare ai dettami culturali (Mulino Bianco, figli, abito bianco), di alternativa meno-peggio al terrore del rimanere soli.

Tutta la superficialità in cui si è cresciuti e di cui si ha avuto esempio, insieme all'idiota furbizia delle finzioni per non sfigurare nella gara con le amiche, prima o poi ti si rivoltano contro e allora dalla padella comincia ad arrivare l'allegro scoppiettìo. Niente di male in realtà: gli avvocati ingrassano, le agenzie immobiliari sopravvivono, i giornalisti e i blogger scrivono, siamo tutti contenti: il mondo continua a girare.

Ma vogliamo andare un po' più a fondo? E c'è ancora spazio per l'Amore di una volta?

A 18 anni si finiscono le Superiori e si affronta l'esame di Maturità. Ma Maturità per che cosa? Ci si mette un po' ma poi diventa chiaro: Maturità per essere un buon automa culturale, significa che hai dimostrato di essere docile e dominabile, sei timoroso dell'autorità, prendi sul serio e ripeti senza criterio qualunque cosa ti dicano, ti modelli come ti vogliono, e se eccelli in questo esci col massimo dei voti.




L'esame di Maturità rappresenta l'opposto di quello che il nome farebbe supporre: se ne esci bene significa che sei messo male, che sei un bambino eterno o un falsone di prima categoria.

La Maturità vera per un essere umano arriva dopo che ha guardato direttamente nel fondo dell'Abisso ed è tornato. L'Abisso è la Morte, ovviamente, e guardarla dritto negli occhi è una mini-Apocalisse psicologica ed emotiva, una attraverso cui tutti dovrebbero passare ma che nel nostro tempo non è più molto considerata, ed è un grande errore.

L'Amore di una volta era definito da una formula molto espressiva: "finché Morte non vi separi". Morte. Un tempo non era solo una frase di rito, era dannatamente tangibile: a quel tempo la gente sapeva che cosa fosse la Morte; la mia bis-nonna aveva visto i carretti che passavano per le vie pieni di cadaveri durante l'epidemia di Spagnola, aveva visto due guerre. Oggi la Morte è sparita dalla nostra vita, si cambia discorso, si toccano i gioielli di famiglia. Abbiamo rimosso la Morte dalla vista e quindi la nostra scala è molto ristretta, quella frase passa via così, la gioia è l'abito bianco in sé e per sé, è "ce l'ho fatta ho incastrato il pollo prima delle amiche", è "ho 30 anni e ancora non mi sono sistemata! Il Mulino Bianco vacilla!", è una questione di Successo personale o un semplice automatismo culturale, e così via.





La nostra psiche è come un lavandino, noi siamo come biglie lanciate lungo il bordo di questo lavandino e giriamo, giriamo, ma sul fondo della conca c'è lo scarico, l'Abisso, e finché non ci decidiamo a guardarci dentro siamo bambini troppo cresciuti, immaturi e capricciosi. C'è chi, dopo aver visto con la coda dell'occhio l'ombra scura dello scarico là in fondo, continua a girare all'impazzata lungo il bordo e cambia discorso con esasperazione quando qualcuno solleva l'argomento. Rimanda. L'abbrivio piano piano scenderà, e tutti finiremo nello scarico, ma qualcuno proprio non ne vuol sapere, rimanda, si distrae, procrastina. Quel discorso è un campo minato dalle religioni ed è meglio non parlarne perché c'è sempre qualcuno che pensa di sapere quello che non può sapere, e siccome sa di non saperlo si irrita parecchio quando viene contraddetto. Del resto l'alternativa è guardare.




Chi ha guardato fisso nell'Abisso ed è tornato si riconosce dallo sguardo.

Chi ha visto l'Abisso dà un peso diverso alle parole, ha tarato il fondo-scala, sa che va dal bordo del lavandino che splende lassù allo scarico nero laggiù, ha guardato dentro di te ed esplorato il tuo spirito in lungo e in largo nei momenti in cui si è mostrato nudo, perciò se e quando dice "finché Morte non ci separi" sa che cosa sta dicendo.

Sta dicendo: "sarò dalla tua fino all'Abisso", te lo dice con le lacrime agli occhi e fissandoti negli occhi; non sono parole che fai pronunciare dalla bocca altrui per tuo conto, a cuor leggero, appena prima di ubriacarti come non mai. Solo questa è la promessa che lega nel profondo, indissolubilmente, al di sopra di tutto in un patto d'acciaio, è personale, intimo ed è raro, dannatamente raro.

Tutto il resto è mais in padella.





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