Dall'India con sudore - parte 3


Agra è la città del Taj Mahal, una delle 7 meraviglie del mondo.
Vietato scattare foto da vicino o dell'interno, dove ogni angolo
è marmo bianco fittamente decorato, cesellato, scolpito e intarsiato.


» 14 agosto 2015, Agra

Il traffico è incredibile, non solo per l'intensità ma soprattutto per l'approccio degli indiani alla strada, che è uno dei riflessi dell'approccio alla vita: loro vanno per la loro strada, ognuno si butta dove deve andare senza la minima preoccupazione per il fatto che ci siano altre milletrecentomilioni di persone tutte stipate nelle vicinanze e che si buttano allo stesso modo. Non ci sono regole sulla strada, tranne la tendenza a guidare sulla sinistra come in ogni ex colonia inglese, quindi passa per primo chi si butta per primo, e tutti gli altri gli suonano; d'altra parte usano il clacson anche solo per segnalare la propria presenza dato che nessuno se ne preoccupa, così le strade sono un groviglio inestricabile e nervoso di rottami di ogni genere, dalle biciclette agli immensi camion, dai risciò ai taxi, dalle moto ai furgoni, tutti attaccati al clacson di continuo e tutti impegnati a girare intorno alle onnipresenti mucche, sdraiate in mezzo alle piazze o nelle corsie centrali delle autostrade oppure a passeggio in gruppetti per le vie accanto ai bazar.




I camion sono spesso immensi rispetto ai nostri standard e caricati all'inverosimile, a volte in modo del tutto asimmetrico e sbilanciato; tutti i camion hanno una scritta sulla faccia posteriore: "BLOW HORN" oppure "HORN PLEASE", che significa "suona il clacson per favore".




Il nostro concetto di distanza di sicurezza qui è una mera utopia da ogni punto di vista, non solo nel senso che tutti si stanno attaccati addosso anche a grande velocità, ma pure nel passarsi accanto e fare manovre il margine è sempre questione di centimetri, tra auto, camion, pedoni e moto senza distinzioni. Di notte si guida con gli abbaglianti accesi fissi, lo fanno tutti, quindi incrociare qualcuno di notte diventa un serio problema di accecamento. È incredibile che non abbia ancora visto incidenti, ma è così.


Comune vedere falchi o piccole aquile, oltre agli onnipresenti corvi.


È la stagione dei monsoni, quindi piove almeno una volta ogni giorno e arrivando ad Agra, dove la terra è molto argillosa, è comune vedere enormi pozze d'acqua fangosa mista a rifiuti di ogni genere, che abbondano in tutte le città e campagne indiane del Nord. In queste pozze non è raro vedere bambini che fanno il bagno e giocano: anche solo un decimo di questa scena farebbe sbiancare d'orrore la mamma italiana media col suo Napisan, mentre qui appare del tutto normale; d'altra parte nelle campagne - che rappresentano la gran parte dell'India - scene come questa vista dal treno sono del tutto comuni:




L'India e le mance: una delle cose da sapere prima di andare in India è che tutto ha sempre una specie di tassa di servizio chiamata mancia, o tip come dicono loro. Per qualunque cosa, c'è sempre l'attesa della paghetta in nero, e quindi molti sono incredibilmente servizievoli, finché non arriva il momento di monetizzare. Questo delle mance appare come un'altra faccia del discorso sulla generosità diffusa, lo spontaneo discendere della ricchezza da chi ha di più a chi ha di meno, suona molto coerente e simile all'abitudine di fare offerte al tempio che servono per dare un riparo e del cibo semplice a chi ci alloggia o ci passa.


Il Taj Mahal visto da lontano, con le sue cupole in marmo bianco
che risplendono in modo quasi soprannaturale.


Molti dei servizi che alcuni indiani attuano, come per esempio il versarti il sapone sulle mani in un bagno pubblico, non sono affatto necessari, ma alcuni indiani sono molto bravi a metterti nelle condizioni di non riuscire ad evitarli, per cui navigare tra di loro è un continuo esercizio di attenzione e di estrazione di banconote, di poco valore per noi ma sulla distanza un esborso da considerare. Oltre a questo c'è un esercito di procacciatori d'affari sempre pronti a trascinarti da qualche loro amico per invischiarti in qualche servizio non richiesto, e - bisogna riconoscerglielo - sono bravi. Dopo un po' ci si fa il callo perché anche il più abile dei trucchi, quando è visto e rivisto, diventa chiaro.


Da uno dei cortili del Forte Rosso di Agra, di nuovo il Taj Mahal che risplende
come un miraggio all'orizzonte.


Questo, soprattutto dal punto di vista di un turista occidentale, è un aspetto del gioco abbastanza onnipresente, ma una cosa che colpisce è che non è sempre solo una questione di soldi, è anche il teatro della vita, il confrontarsi con fair-play ma anche con astuzia e attenzione, con un senso del gioco, del romanzesco, in un annodarsi di legami di interesse, di stima, di intelligenza, di umanità, di affetto.


Panoramica dell'ingresso del Forte Rosso, sede di sultani e imperatori Moghul.
Una costruzione immensa e imponente, con enormi mura esterne
in arenaria rossa e un interno con palazzi e moschee in marmo bianco.


Giunti ad Agra il nostro periodo insieme a Sunder giunge al termine; lui tenta di strapparci una mancia pari al 10% dell'intero costo dei primi giorni di viaggio, noi ci informiamo su Internet e chiedendo in giro, e alla fine gli diamo la metà di tanto, ma riconfermandogli la stima e l'apprezzamento per il suo operato e la sua discreta compagnia.


Sopra e sotto, sempre le mura esterne del Forte Rosso di Agra.




Ci ha particolarmente colpiti un momento il giorno prima quando, lasciando Pushkar, ci troviamo nel bel mezzo della formazione di un blocco stradale tipo barricata, con gente arrabbiata per chissà che cosa che sta mettendo mezzi e ostacoli di traverso per attuare la protesta. Sunder esce dall'auto senza dire una parola, con le mani rispettosamente giunte a chiedere ai protestanti di lasciarlo passare, sta solo lavorando per dar da mangiare alla sua famiglia; il tizio con cui parla sembra autorizzarlo a passare, lui risale in auto, arriva un altro tizio con intenzioni più decise, Sunder parte e il tizio si trova sdraiato sul cofano, si gridano addosso, Sunder accelera e schizziamo via.


Interno del Forte Rosso, cortili e palazzi dei sultani e imperatori.


Chiusa la questione mancia, quindi, scambiati gli indirizzi e contatti, usciamo dall'auto e inaspettatamente Sunder si lancia in un abbraccio che mi lascia quasi interdetto, e anche questa è una cosa degli indiani che ti spiazza, o almeno ha spiazzato me le prime volte. E aggiungo che dire "gli indiani" è dire tutto e niente, perché il ventaglio di possibilità è incredibile, come vedremo.


Veduta da una delle moschee nel Forte Rosso;
a destra nella foto di nuovo il Taj Mahal.


Stessa veduta dall'altro lato della moschea.


Ultima nota per oggi: in ogni città la corrente salta almeno un paio di volte al giorno. Ovunque ci sono condizionatori che vanno a tavoletta, molto al di là del ragionevole; nei paesi tropicali il caldo umido è impegnativo, ma il vero nemico è il gelo imposto dal condizionamento scriteriato. Gli altri servizi lasciano tutti a desiderare in modo analogo alla stabilità della corrente: Internet lento, rete cellulare a macchia di leopardo, acqua scarsa e non potabile, burocrazia esasperante, lentezza, disattenzione, incuria. Con un filo di polemicità, si potrebbe dire che in India qualsiasi cosa non c'è, se c'è funziona male o non funziona, e comunque è sporca. Fa caldo.


Altra piccola moschea nel Forte Rosso.


Iperdettaglio nella lavorazione di ogni aspetto delle costruzioni,
sempre all'interno del Forte Rosso.
Clicca e zooma.


Interno di uno dei tanti balconi rivolti all'esterno del Forte Rosso.
Nota le lastre di pietra cesellate.


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