Dall'India con sudore - parte 7




» 22 agosto 2015, in volo per Mumbai

Due ore di volo, un teletrasporto dal Nord al centro, per poi proseguire verso l'entroterra e verso Sud.

L'India comincia a fare effetto. Di primo acchito ciò che vedi sono le differenze rispetto a ciò a cui sei abituato, e valuti queste differenze secondo i tuoi parametri, quelli che ti porti dietro dalla tua cultura e dal tuo ambiente; ma ecco che l'effetto psichedelico del viaggio in terra aliena comincia a svilupparsi, e cominci a scoprire che le cose non sono quello che ti sono sembrate al primo impatto, ma altro ancora.




Questo non è un paese che proviene dallo stesso ceppo culturale da cui proviene il nostro, non è come andare negli USA, che sono un ramo della cultura europea dopo 75 anni di ricolonizzazione culturale di ritorno; l'India è un altro mondo, che affonda le radici molto in profondità in un'altra storia, in altri sogni, altri pensieri, altre filosofie, altre sfide per vivere e sopravvivere. Qui non solo sono diverse le conclusioni, sono diverse anche le premesse.




Quella che sembrava povertà non è povertà. Quella che sembrava ingenuità non è ingenuità. Quella che sembrava semplicità non è semplicità. Qualunque idea avessi di come sono fatte le persone qui non vale più, qui è diverso, è come fare un'immersione notturna nella barriera corallina: non sai più come leggere le facce che incontri e gli occhi che ti guardano, non sai più quanti livelli ci sono da esfoliare uno dopo l'altro, ti rendi conto che intorno alle facce non c'è la luce del conosciuto, ma il buio dell'ignoto e imprevedibile. L'ambiente è anche selettivo, affollato, affamato, e tu sei un pesciolino grassoccio, spaesato e vistoso che si è trovato all'improvviso pluff-ato in questo marasma.





Quando dico terra aliena non esagero. Qui non solo le persone - con tutto l'Universo culturale, storico e linguistico che contengono - ma ogni cosa comincia a mostrare caratteristiche surreali e insospettabili: i comportamenti degli animali, l'ampiezza dello spettro dei comportamenti umani, la stranissima visione del mondo e della vita che comincia ad emergere da questi, perfino le piante si mostrano in forme mai viste da nessuna parte.







La terra è rossa, certi paesaggi paiono irlandesi e altri semplicemente impossibili, staccando dal verde smeraldo al rosso cupo della terra alla forma delle rocce che si arrampicano verso il cielo in modi a cui è difficile assegnare una precisa evoluzione geologica, eppure sono lì da vedere, tanto impassibili quanto impossibili.




Cominci a mettere a fuoco le prime cose utili, cominci a sviluppare le prime attenzioni ed astuzie, e nel mio caso faccio tesoro di un consiglio in particolare, datomi da Seetaram, uno dei ragazzi di Khajuraho, per mettermi in guardia dalla gente in giro che continuamente ti interpella e si rivela molto brava a stabilire una connessione: "...they catch your mind!", ti catturano la mente. Direi che questa frase rende molto chiaro il concetto, e io comincio a mettere a fuoco un primo modello comportamentale utile a sopravvivere, una strategia: devi avere un piano, altrimenti diventi parte del piano di qualcun altro. Per questa massima devo rendere grazie a Terence McKenna, ma lui declina e ne riconosce la paternità alla mente collettiva del Fungo. Comunque sia: bella dritta, amigo(s)!




Quindi: mai esporsi al mondo esterno senza avere un piano preciso, una destinazione, un budget, un'idea di che cosa ti aspetta, perché alcune persone là fuori sanno che ti stai muovendo nell'ignoto e sanno che ti possono creare attorno una bolla di realtà virtuale, saranno in apparenza poveri e ignoranti, ma questo non significa affatto che siano stupidi, ecco un preconcetto basato sulle apparenze che ti conviene far saltare subito, perché per quanto riguarda la mente, la comunicazione e i conti se la cavano benissimo!




Non ho avuto spesso la sensazione di pericolo concreto e materiale dalle persone, la questione è più nella direzione della truffa o più specificamente l'essere trascinati in un giro in cui vieni rimpinzato di servizi che nemmeno avresti mai sognato di cercare o chiedere e che costano parecchio; da un certo punto di vista è lo stesso effetto da compagnia telefonica, assicurazione o intervento medico, ma su scala e argomenti diversi.





D'altra parte il ventaglio di umanità qui è talmente ampio, e gli estremi così distanti tra loro, che ti spiazzano: alcune persone sono indistinguibili per tenore di vita da un qualsiasi europeo, tantissime altre vivono praticamente allo stato di natura, dormendo e camminando sulla nuda terra, quasi completamente nudi e vivendo di qualche frutto, verdura e animale, privi di qualsiasi forma di media moderno: niente telefono, TV o computer, quindi la definizione di ignorante non va vista come la intendiamo in Italia ma in un senso così profondo ed estremo da essere inimmaginabile senza vedere la situazione.





Ci sono orde di persone, specie nella campagne e lontano dalle città meta di turismo, che non hanno mai visto un occidentale, che non hanno la minima idea di che cosa sia il mondo oltre qualche chilometro dal loro paese, e te ne rendi conto quando ti si avvicinano per osservarti perché l'atteggiamento è quello di chi ha incontrato uno strano animale che sfugge alla comprensione.





Parallelamente l'India si presenta come un paese serenamente militarizzato: la polizia è indistinguibile dall'esercito, un po' ovunque ci sono soldati che girano con il fucile in spalla, il che è insieme rassicurante e inquietante; la sensazione è che finché è tutto tranquillo nessun problema, ma se qualcuno si agita troppo viene abbattuto come un cavallo azzoppato e poi ci pensiamo. Alla stazione di Agra, mentre aspettavamo il treno per Khajuraho, ho visto passare un convoglio carico carico di carri armati nascosti sotto teli, in quasi tutti i templi c'è un metal-detector all'ingresso e spesso ci sono controlli da aeroporto, gli edifici governativi non possono essere fotografati e sono contornati da guardiole in cemento armato con protezioni in sacchi di sabbia e fucili spianati ad altezza tempia, negli aeroporti soldati dietro piastre di acciaio costellano i punti chiave.

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