Dall'India con sudore - parte 8


percorso completo


» 23 agosto 2015, Mumbai

Mumbai non sembra India, ma un frappè di metropoli americane, Lisbona, Londra, Disneyland e un pizzico di India. Vedere questa città, così diversa da tutto il resto del paese, porta in risalto alcuni elementi che erano già presenti ma qui risultano più stagliati su questo sfondo apparentemente occidentale.





Il primo è la dimensione militare. Già prendendo il treno notturno da Agra a Khajuraho avevo visto un convoglio di vagoni ricolmi di carri armati, e ovunque in India ci sono soldati armati di fucile o mitra. Ovunque ci sono anche metal detector e controlli quasi da aeroporto, per visitare templi, musei, edifici di una qualche importanza. Mumbai è disseminata di edifici incredibili risalenti al periodo coloniale prima portoghese e poi inglese, che oggi sono in larga parte ad uso governativo e sono controllati ad ogni angolo da militari chiusi in gabbiotti antiproiettile con i fucili spianati ad altezza tempia. Impossibile fotografarli, come quasi tutto in India, e anche questo è un elemento da riportare. Perfino al Taj Mahal, un edificio considerato storicamente una delle 7 meraviglie del mondo, può essere fotografato solo a distanza.






Un altro elemento che viene a spiccare è quando ti ritrovi davanti ad un McDonald's: la vacca è sacra e gli indiani tendenzialmente sono vegetariani, non fumano e non bevono alcolici, quindi McDonald's ha un set di prodotti molto diversi da quelli che vediamo da noi, panini come il McVeggie, ad esempio, un panino che a vedersi è identico ai nostri con l'hamburger bovino ma è interamente vegetale e speziato all'indiana, cioè con curry - che in India si chiama masala - e con versioni spicy, che significa piccante. Nessun problema per il McChicken al pollo o altri prodotti con il pesce, ma qui il bovino è praticamente un concittadino, sarebbe come per noi mangiare il postino o l'elettricista...




I ristoranti sono sempre distinti in veg e non-veg, e i veg sono molto più abbondanti dei non-veg; in qualsiasi ristorante o locale il menù mostra un quadratino verde sui piatti vegetariani e un quadratino rosso su quelli non vegetariani, così non si perde tempo leggendo gli ingredienti o chiedendo al personale.




Per certi versi Mumbai è la città wannabe, un luogo in cui la popolazione locale ha visto arrivare degli umani strani che hanno eretto edifici veramente incredibili, da favola, che non possono non aver prodotto un impatto impressionante; ho visto magliette con scritte come fashttitude, orribile contrazione di fashion attitude, carattere modaiolo, e non è raro vedere giovani che ricordano in tutto e per tutto i nostri wannabe vipparoli convinti con abiti firmati, smartphone di grido, accessori di ogni tipo e nessuna traccia di elementi culturali tribali che pure sono la norma in tutto il resto del paese. 




Ma l'India è anche un paese di fusioni, quindi accanto a questi ragazzi siede la ragazza islamica nella sua tunica nera che scopre solo gli occhi, la donna nello sgargiante abito tradizionale, e appena fuori c'è il bambino che esulta perché gli hai regalato una banana e può sfamarsi.




In questa metropoli, una delle più popolose al mondo e la più densamente popolata del pianeta con oltre 30.000 persone per Km quadrato, la tensione verso la vita alla occidentale è tangibile: i cartelloni pubblicitari per lo più mostrano modelli e modelle di razza bianca, dai tratti nord europei, ma gli indiani sono molto scuri e questa tensione è destinata a rimanere un salto troppo grande; nella città come nel resto dell'India gli occidentali sono decisamente rari, molti indiani non ne hanno mai visto uno e la sensazione, soprattutto fuori nelle campagne, è che nemmeno abbiano idea della loro esistenza. I loro sguardi, anche nelle metropoli, sono insistenti e curiosi; fuori dalle città sono ossessivi, magnetizzati, quasi come se avessero visto un alieno - e probabilmente il paragone non è azzardato.





Le strade di Mumbai sono occidentali, con semafori e strisce di attraversamento pedonale, ma gli indiani restano indiani quindi il colore del semaforo è più un'indicazione che una regola, le strisce sono ignorate e sulla logica semaforica di molti incroci ho seri dubbi. Per il resto è comunque una questione di clacson e di farsi largo come viene meglio, difficilissimo fermarsi in qualsiasi luogo perché dopo un secondo c'è sempre qualcuno che sta entrando, uscendo, parcheggiando, facendo manovra: devi stare sempre in movimento, come gli squali. Per tentare di dare un ordine alla tendenza caotica del traffico, tutte le strade in India hanno una robusta divisione centrale fatta in cemento in modo che volenti o nolenti si debba stare o di qua o di là, così la tendenza a guidare a sinistra viene rinforzata anziché dissolversi in un caos informe.


In un incrocio della città, sotto un cavalcavia, tempietto.
Da noi sarebbe la Madonna, in India può essere Shiva, o Ganesh, o qualcun altro.


Altre piante aliene, in ogni angolo. Corvi a non finire.






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