Una strada in mezzo al Nulla




Quando usiamo espressioni come Una strada in mezzo al Nulla solitamente intendiamo in mezzo alla Natura, il che ci dà un'idea di quanto siamo andati fuori strada nel vivere, di quanto è profonda la nostra follia. Ma ci dice anche altro.

Una strada in mezzo al Nulla significa che - strada a parte - non ci sono tracce di presenza umana: case, negozi, impianti, edifici governativi, niente della realtà umana è visibile. Ma la realtà umana è interamente frutto del nostro operato, e l'operato è creazione che segue il pensiero. Niente di tutto ciò ci sarebbe senza di noi, e quindi resterebbe solo il Nulla, cioè la Natura da cui siamo emersi per poi separarcene, trasferendoci nella nostra realtà auto-costruita, che non è quindi la realtà di base, ma è una realtà virtuale installata nella realtà di base, che è tutt'altro che Nulla: è l'Universo, cioè Tutto.




Attenzione ora.

Noi guardiamo l'Universo e vogliamo capirlo, decodificarlo. Ne cerchiamo le leggi, le regole. Ne identifichiamo le parti. Gli diamo nomi, e procediamo: le dissezioniamo, le analizziamo, e diamo nuovi nomi ai pezzettini. Più andiamo a fondo in questo lavoro, meno ci capiamo. Stiamo tentando di trasferire l'Universo nel Linguaggio, convinti come siamo che il Linguaggio sia la Realtà e che una volta che sappiamo dirla l'abbiamo capita, la possediamo, la dominiamo.




Ciò che accade, invece, è l'esatto contrario: più approfondiamo la nostra analisi, più la Realtà ultima ci sfugge: le particelle diventano evanescenti e paradossali, le lontane galassie si allontanano sempre più in fretta, la nostra stessa vita, fatta di un Corpo concreto, si riduce a organi, poi a cellule, poi a molecole, ad atomi, che sono il punto in cui la concretezza inizia a dissolversi in campi, onde, probabilità e follia quantistica; nel frattempo tutta la magia della vita e del mondo è sparita, affogata in un mucchio di parole e di regole.

Se incontrassimo una formica e questa ci dicesse che vuole farsi una modellizzazione perfetta del Cosmo lo troveremmo un intento piuttosto comico. Ma quanto siamo diversi noi, scimmie, dalla formica? Siamo ancora in completo impasse tentando di farci un'idea seppur vaga delle cose che abbiamo proprio a un palmo dal naso...

Parole e regole, linee ed angoli sono l'ossatura delle nostre costruzioni, della nostra realtà virtuale che nulla ha a che fare con la Natura, che infatti per noi è Nulla perché non la capiamo. Abbiamo voluto tirarcene fuori per poter avere il Controllo e l'abbiamo fatto attraverso il Linguaggio, lo stesso strumento con cui abbiamo costruito la nostra dimensione umana, dandoci dei nomi: Tizio, Caio e Sempronio, e poi ci siamo dati categorie: uomo, donna; fabbro, calzolaio, commesso, impiegato. Poi abbiamo costruito strutture sociali più complesse, astrazioni più alte: coppia, gruppo, società, professione, Stato, Chiesa. E giù regole.




Poi abbiamo scritto le leggi, e le leggi descrivono ogni cosa con il Linguaggio, ogni cosa deve essere descritta così come ogni sua regola, e mentre procediamo in questo lavoro continuo, cercando di coprire tutto con una rete di parole, non ci accorgiamo che ovunque le parole arrivino le cose smettono di funzionare, perché le parole non bastano: la Realtà è più complessa, le sue dinamiche più sfuggenti: nell'imbrigliarla nel nostro reticolo di collegamenti abbiamo perso di vista l'insieme: vediamo solo milioni di tessere di un puzzle in cui non ci raccapezziamo e intanto non vediamo più il disegno d'insieme, e passiamo la vita a tentare di tenere incastrati i pezzi del nostro puzzle tra loro.




Noi crediamo di aver riassunto e conferito un Ordine a qualcosa che altrimenti sarebbe Caos, ma anche questo è un assunto gratuito: davvero crediamo che sia impossibile che ci fosse già un Ordine prima che noi arrivassimo a coprirlo di parole e regole? E davvero siamo certi che quest'Ordine non stia ancora adesso muovendosi libero al di sotto dell'ordine che noi crediamo di imporre con tutta la nostra arrogante presunzione? Non è forse quest'Ordine profondo che fa continuamente saltare i nostri piani?




Prendi un quotidiano qualsiasi, prendi una discussione su Internet, osserva: parliamo di parole e del perché le cose non funzionano e di come possiamo interconnettere diversamente queste parole per farle funzionare e di quale infinità di collegamenti tra le parole sfuggono sempre in qualsiasi discorso o tentativo di ordinamento. È una continua eruzione di parole che non riescono ad abbracciare la Realtà, e invece di fermarci e tacere per l'improvvisa realizzazione che abbiamo sbagliato tutto, continuiamo ad accanirci, tanto che abbiamo dei professionisti delle parole, ben pagati: giornalisti, politici, avvocati, ecclesiastici.




La Realtà sfugge.

Perché c'è un Universo anziché il Nulla Cosmico? Che cos'è la Vita? Che cos'è la Mente? Che cos'è la Realtà?

E se la Realtà Ultima fosse semplicemente indicibile?

Magari non si può fare con il Linguaggio. È un'illusione, una frode, un errore, un'allucinazione. Non stiamo andando da nessuna parte, non stiamo scoprendo niente e non stiamo capendo niente. Non abbiamo idea di che cosa sia questo qualcosa - vivere, essere, vedere, fluire - ma è Tutto, e così andrebbe preso, in blocco, come pura esperienza dell'Essere, onnicomprensiva e non-descritta, momento per momento, anziché attraverso l'illusione della comprensione attraverso il Linguaggio, che ovunque si posi immediatamente diventa una prigione. Ecco perché nel caos prosperiamo, nel caos siamo veramente liberi, nel caos viviamo l'estasi. Ecco perché nella (nostra) realtà siamo così scontenti, frustrati, repressi e in viaggio verso l'estinzione.

Ed ecco, di nuovo, perché la Saggezza tace.



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