Certezze e misteri
Nel mare di polarità in cui siamo immersi ce n'è una, molto radicale perché riguarda l'approccio fondamentale alla realtà, che riguarda da vicino l'Ego.
» ricapitoliamo le premesse
Abbiamo detto che l'Ego è essenzialmente un'interfaccia sociale, e questo è senz'altro vero nel senso che nello sviluppo della persona la quasi totalità del suo apprendimento sulla realtà di sé e del mondo avviene attraverso lo scambio di informazioni verbali con altre persone, e non si può trasmettere come conoscenza ciò che non è efficacemente esprimibile attraverso il linguaggio.
La cultura è una visione del mondo e della vita, ed è fatta di linguaggio nel senso che viene insegnata e fissata attraverso l'espressione di parole, concetti, dimostrazioni, discorsi, ed è anche intrinsecamente antiquata: come dice Terence McKenna, culture is fossilized language ("La cultura è linguaggio fossile").
Di fatto il linguaggio sostituisce la realtà immediatamente percepita, originaria, e su dei simboli costruisce altri simboli fino a completare un'intelaiatura logica che alla fine del processo sostituisce la visione diretta della realtà. Tutto ciò che è la nostra visione della realtà, del passato e del futuro consiste in costruzioni linguistiche di idee che, in quanto tali, sono riduzioni della realtà in sé, che rimane essenzialmente inconoscibile.
Per questo un aspetto importante della meditazione è proprio l'imparare a fermare il discorso mentale, perché appena il discorso della Mente si ferma appare la realtà per ciò che è e, se non pensi, se la Mente non parla e non attacca nomi e associazioni (culturali) alle cose, per la prima volta da quando eri bambino finalmente rivedi la realtà vera, quella che era stata sepolta dai nomi e dai concetti della cultura che hai assorbito.
Può essere una rivelazione.
La formazione dell'Ego avviene per aggiunta di dettagli e di concetti esprimibili alla propria idea di sé che è contemporaneamente anche un'idea del mondo, ed è per definizione condivisa con gli altri perché il linguaggio è uno strumento di interfaccia sociale; nel momento in cui il linguaggio è usato per trasmettere la struttura del mondo alla persona in crescita, è automatico che ciò che si crea è al tempo stesso un'idea condivisa del mondo (cultura) e del sé (Ego).
Quindi la propria idea di sé, l'Ego, esiste solo in relazione alla cultura in cui si è sviluppato; ne è compenetrato, è fatto della stessa materia, è l'altra faccia dello stesso foglio; l'Ego incarna la cultura-madre e ne è prodotto, ne è inseparabile come un buco nel legno è inseparabile dal legno che lo ospita.
Al di fuori della visione culturale che mette ogni cosa al suo posto e definisce per te che cosa esiste e che cosa no, che cosa è vero e che cosa no, come le cose funzionano e come invece no, c'è un mondo magico tutto da scoprire, ricco di una ricchezza invisibile agli occhi della cultura, ma che richiede per essere visto di abbandonare il porto sicuro della visione culturale e di tornare a zero, tornare a non sapere nulla, tornare a non essere niente di definito, il che significa tornare ad accettare tutto, se non come verità, almeno come ipotesi.
Su questa base è imperniato il dipolo di cui parliamo qui: un polo è l'approccio alla realtà dell'Ego e l'altro polo opposto è l'approccio alla realtà della persona liberata dall'Ego.
» i due approcci
L'approccio della persona egoica è maschile, attivo, aggressivo, dominante, basato sulla certezza, la divisione e la negazione: la sua volontà di vedere il mondo attraverso gli schemi che possiede la porta a forzare la sua visione sulla realtà, ad imporgliela, non ammette contraddittorio, ciò che è stabilito deve essere.
L'approccio alla realtà della persona liberata invece è femminile, accettante, umile, remissivo: è una visione del mondo fatta dal lasciarsi invadere dalla realtà; la realtà gli scorre dentro e ne trae i motivi, gli aromi, gli schemi, accettando ipotesi e novità con l'umiltà di chi sa di non sapere.
Sono due approcci radicalmente diversi e mostrano tutti i caratteri delle loro origini. Ai miei occhi è vincente il secondo approccio perché scende a compromessi con qualcosa che ha una sua intransigenza: a meno che non vogliamo prendere per buono che la realtà attorno a noi sia solo un'allucinazione che possiamo pilotare, accettarla in qualunque cosa abbia da dire è quantomeno un atteggiamento di buon senso, è la forza di accettare ciò che non hai il potere di cambiare.
Quando parlo di accettare non mi riferisco al giudicare buono, ma all'ammettere in esistenza nella modellizzazione del mondo. E' una distinzione sottile in apparenza, ma radicalmente importante: scompaiono il giudizio e la certezza. Se ammetti la possibilità che il modello culturale del mondo possa essere sbagliato o incompleto - che è il minimo del buon senso - non puoi considerare nulla come escluso a priori (faccio qualche esempio semplice tanto per gradire: UFO, telepatia e spiritelli della terra); di conseguenza non puoi essere certo di nulla. Se non puoi essere certo di nulla, non puoi neanche azzardarti a giudicare le cose secondo un qualche criterio, e il cerchio si chiude.
Per questa ragione mi trovo a volte impegolato in scontri senza possibilità di risoluzione quando il mio interlocutore è una persona fortemente guidata dall'Ego e di conseguenza aggrappata al costrutto culturale come un corallo allo scoglio: non può ammettere discorsi che presuppongono il dubbio sulle sue certezze e non mollerà mai perché senza lo scoglio della visione culturale è perduta nel vuoto (vedi Il Vuoto), ma per rimanere aggrappata ha necessità che le cose funzionino universalmente e al di là di ogni dubbio come la sua visione prevede, e non c'è verso di portare alla sua attenzione dati e evidenze logiche che le cose sembrano stare in maniera diversa; solitamente in questi casi la persona egoica si arrabbia e ripete il modo in cui le cose devono stare perché la sua visione del mondo regga (vedi a questo proposito la parte conclusiva di Ego, cultura e le Idee Nuove).
Il grande pericolo dell'approccio egoico è che il mondo non è ai tuoi comandi, e per quanta energia tu metta nella tua volontà di vederlo nel tal modo, le cose alla fine andranno come devono andare e non come tu vuoi, conducendoti facilmente al fallimento: la realtà è infinitamente più complessa di qualsiasi descrizione se ne possa dare, per questo in un contesto culturale si dividono i fenomeni in buono e cattivo, giusto e sbagliato, etc. Questa è la conseguenza del tentativo di ordinare qualcosa di complesso, fluido e cangiante in schemi rigidi e semplici, ed è inevitabile che si generino delle differenze tra teoria e pratica, che queste differenze generino tensioni e che a certi livelli le tensioni producano strappi.
L'approccio opposto, invece, conferisce in apparenza poteri quasi soprannaturali.
Il porsi in ascolto umile e aperto della realtà, qualunque cosa abbia da insegnarti, ti permette di vedere schemi che all'egoico sfuggono, ti permette di acquisire intuitiva conoscenza dei flussi naturali del reale, alla lunga ti permette di vedere cose che sono invisibili agli altri perché non rientrano nei loro schemi culturali, ti permette di prevedere con una certa accuratezza eventi futuri che agli altri sono oscuri perché non rientrano nella meccanica attraverso cui loro leggono la realtà, etc.
Oltre a questo, accettare la realtà come arriva permette di vivere più serenamente, più in equilibrio; il prezzo è l'abbandono del giudizio e di ogni certezza. Questo non è un dettaglio di poco conto: ogni certezza. A questo proposito vedi anche Hai bisogno di certezze? e La saggezza tace.