La "povertà" non esiste
Da una parte le popolazioni tribali sparpagliate in diverse aree del pianeta che non hanno null'altro che la terra e le piante del loro ambiente, dall'altra le fasce degradate attorno a molti centri urbani altrettanto distribuiti per il globo.
Che differenza c'è?
Zoomiamo. Le prime vivono in armonia e felici, hanno spirito di gruppo e mutuo supporto; possiedono molto poco e quel poco lo ricavano dall'ambiente. Le seconde sono baraccopoli in cui il degrado parte dal cuore: molta criminalità, omicidi, furti, sguardi bui di spiriti putrescenti, malattie, inedia e abulia; in termini assoluti le persone qui dispongono di più beni e migliori tecnologie rispetto alle tribù delle foreste pluviali, e hanno anche un minimo di potere d'acquisto.
Strano, no? Sembra che l'abbondanza di beni non sia in relazione diretta con il benessere.
La povertà non è avere pochi beni materiali, è un'idea figlia di un sistema di valori, è un'etichetta: non sei povero quando hai poche cose, sei povero quando ti senti povero.
Ti senti povero quando a un chilometro da te svettano grattacieli in vetro e acciaio e tu vivi in una baracca, quando tu cammini in infradito e ti sfrecciano davanti le limousine, ma soprattutto ti senti povero quando sposi il sistema di valori degli occupanti delle limousine e ritieni che le tue infradito siano un marchio del fallimento, della tua condizione di perdente, di sub-umano, di sporcizia del mondo.
Come il Tao insegna non esiste la povertà se non esiste la ricchezza, entrambe sono relative l'una all'altra ed esistono solo nella mente quando esistono le parole e tu le accogli come Verità; da quel momento esse cominciano a condizionare la tua vita, le tue scelte, il tuo senso di appagamento, le tue condizioni di salute e - nei casi più estremi - possono farti marcire il cuore tirando fuori il peggio di quello che un essere umano può incarnare.
Cominci a misurarti coi vicini su questa scala e ogni tuo sforzo e preoccupazione va nell'evitare di scivolare sotto un certo livello in una serie di parametri che il tuo gruppo sociale ha scelto come riferimenti per identificare la propria collocazione nella scala: se non hai certe cose di un certo tipo, cominci a sentirti a disagio nonostante nessuno ti dica niente.
E gli industriali ringraziano. Del resto era quello che volevano che tu pensassi, te l'hanno fatto capire con la pubblicità, con le foto dei VIP, con i film, con un uso sapiente del linguaggio perché loro sanno che tu ragioni per immagini, che ti identifichi senza volerlo e che le idee che ti si formano nella mente determinano la tua realtà.
Così, invece di pensare ai tuoi sogni e alle persone attorno, hai cominciato a sentirti a disagio per quello ti senti, che dipende da quello che ti pensi, che dipende da ciò che hai o non hai rispetto a chi ti sta attorno, e tutto il Macchinone Infernale dell'Occidente materialistico si è messo in moto, trascinando poi nel vortice anche il resto del mondo, con le reazioni più disparate.
Evviva evviva, presto o tardi saremo tutti ricchi! Ma il problema starà sempre nel chi più chi meno, perché la povertà è relativa, non assoluta, la povertà è un'idea, e non te ne puoi liberare guadagnando e comprando, te ne puoi liberare solo ridendo di come possiamo essere fessi.