Nepal




Ranjan è seduto sulla sua roccia di guardia al suo gregge di capre; inspira ed espira l'aria leggera e cristallina della montagna digerendo la cena a base di riso e lenticchie speziate.

Sopra la sua testa migliaia di stelle brillano nitide sullo sfondo nero profondo dei cieli d'alta montagna. Ranjan, come suo padre prima di lui, conosce a memoria quella mappa di luci nel cielo, le ha osservate per un numero incalcolabile di notti riconoscendo forme e dimenticandole in cambio di altre, e conosce a memoria il modo in cui ruotano lentamente sfilando dietro le vette delle montagne più a Nord, tanto che sa perfettamente che momento sia della notte; non saprebbe esprimerlo numericamente come orario, ma non ne ha alcun bisogno: per lui non c'è mai stato altro orologio che il cielo ed è un orologio più preciso di quanto gli serva; Ranjan è collegato, il cielo gli dice il momento, il cielo è il momento, anzi lui con i suoi animali sotto il cielo in quella posizione, tutti insieme, sono il momento preciso, collegato e interconnesso in un Tutto perfetto.




Questo momento su quella roccia sotto quel cielo è lo stesso degli anni precedenti e degli anni futuri, ed è lo stesso di suo padre e di suo nonno. Quel momento è Tutto, perché il Tempo è ciclico, e ritorna sempre dove ha iniziato, su più livelli: ogni esistenza attraverso le generazioni, ogni anno attraverso le stagioni, ogni giorno attraverso aurora e crepuscolo, e ogni istante con il suo dipanarsi nell'essere esattamente nello stesso punto dello stesso percorso che è tutto ciò che esiste. La sua mente è vuota e piena al tempo stesso.




Quegli animali gli danno la lana per i vestiti e le coperte, gli danno il latte e la carne, e insieme ad una donna giù nella valle e ai loro bambini costituiscono tutto ciò di cui ha bisogno, così come è stato per suo padre e il padre di suo padre e così via per decine e decine di generazioni.

Tutto ciò che gli serve.

Non ha un telefono, non ha un'automobile, non sa che esiste Internet, non ha né un condizionatore né un conto in banca, né la macchinetta per il caffè espresso a casa né una casa - almeno non una casa secondo i nostri parametri.

Non ha debiti, né contratti da lui né contratti da altri per suo conto, in sua vece e a sua insaputa.




Ranjan forse non capirebbe la domanda:

"Lei si considera soddisfatto della sua situazione, della sua vita?"

Non conosce il significato della parola Progresso, non sa che all'improvviso potrebbe avere la sfacciata fortuna di entrare nell'illusione che domani sarà meglio, che domani potrebbe avere di più - con la conseguenza inevitabile che oggi non è abbastanza, che oggi non va bene, non può andare bene perché se domani sarà meglio, è automatico ambire al domani, quando tutti avremo di più: ecco le meraviglie nascoste del Tempo Lineare d'Occidente con le sue ricadute psicologiche: l'ansietà, l'insoddisfazione, la tensione, la tendenza ad arrampicare, ad accumulare, senza fine.

Quando Ranjan finalmente si evolverà e capirà chi ha ragione e chi non ha capito niente della vita, vorrà indebitarsi fino alla vecchiaia, vorrà avere il di più promesso dal Progresso e se non l'avrà si sentirà defraudato di un suo diritto, così diventerà rapace, proprio come gli animali-simbolo sulle bandiere delle "più grandi democrazie del mondo"; capirà che è solo chi colpisce più duro che può avere il premio, è solo chi corre più veloce che sarà salvato, e magari - se dovesse fallire - morirà sbronzo e suicida in una cameretta d'albergo di infima categoria che sarà solo l'ultimo gradino a scendere della scala umana dall'Himalaya alla Civiltà.



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