On writing (bullshit)




Mi piace scrivere, e se tu stai leggendo è perché io ho passato del tempo scrivendo. Se non l'avessi fatto, la Terra avrebbe continuato ugualmente a girare su sé stessa, scivolando intanto lungo la sua rotaia ellittica attorno al Sole.

Cioè: ci stiamo intrattenendo entrambi.

Cioè: non serve a niente.

Da anni tuttavia proseguo, perché mi diverto, e nel tempo ho imparato a farlo meglio: sintesi, chiarezza, scorrevolezza. Non devo dimostrarti per forza che tu non riesci a capirmi, al contrario tento sempre di risucchiarti nel discorso e magari di abbagliarti con uno scorcio inaspettato su ciò che si può dire, senza che il mio modo di dirtelo ti sia d'ostacolo.

La sfida, per me, spesso è dire in modo piano e lineare cose che non sono proprio banalissime: possono essere visuali insolite su cose comuni, ribaltamenti di prospettiva, oppure immensità racchiuse in poche righe.

Per questa ragione evito quasi sempre di richiamarmi ad altri autori, testi, pensatori, ricerche: non ti devo convincere con l'autorità altrui, non devo fare la ruota con le nozioni di cui sono in possesso e farti sentire da meno, non devo stabilire la mia autorità da nessuna parte e verso nessuno scopo.




Per fare un esempio: scrivendo il primo capoverso di questo post, dove dico che la Terra continuerebbe a piroettare anche se non scrivessi, ho immediatamente scartato l'ipotesi di aggiungere che la Terra ha anche un lento movimento di rotazione del suo asse inclinato, chiamato precessione, a cui si somma un'oscillazione del suddetto asse chiamata nutazione, e che insieme all'intero Sistema Solare viaggia velocissima in un movimento a spirale attorno al centro galattico, mentre l'intera Via Lattea si sposta, insieme a tutto il superammasso Laniakea, verso il misterioso Grande Attrattore.




Perché ho inizialmente trascurato questo popò di sfoggio? (1) Perché era inutile per dire quello che stavo dicendo; (2) perché ti avrei solo rotto i coglioni; (3) perché avrebbe allungato l'intero post senza aggiungergli nulla. Qui questa roba non c'entra.

C'è qualcosa che ho capito dopo qualche anno che già scrivevo qui, ed è che meno le cose sono chiare a me per primo, più diventa smisurato il tempo che impiego a dirle, e di solito il risultato è che continuano a non essere chiare anche quando ho finito. Un post che diventa troppo lungo e mischia troppa roba è l'effetto di un peccato originale: non sai neanche tu che kazzo stai dicendo.




Oggi, vedendolo fare ad altri, so qual è il vero problema: hai un sacco di dati in testa, come tantissimi mattoncini di Lego, supponi che ciò di cui vorresti parlare sia qualcosa che si dovrebbe poter descrivere con quei mattoncini, ma quando cominci a disporli sul campo ti accorgi che ognuno porta in un sacco di altri posti, perché dipende da un sacco di variabili, così la costruzione del post cresce e cresce, ma il punto conclusivo arriva solo quando crolli esausto: cioè non è un punto. È solo dove hai smesso di aggiungere mattoncini.

Questo è un peccato di ingenuità.

Oggi non parto nemmeno se non ho chiaro il punto di arrivo. Non scrivo dall'inizio ma dalla fine: quando metto giù la prima parola ho già misurato la distanza che manca ai botti finali.

Può capitare, a volte, che si sviluppino esiti inaspettati, o che certe parti si gonfino più del previsto per lo scrupolo di non lasciare accenni troppo rapidi - e quindi poco chiari - a fare da pilastri all'intera struttura. È accaduto di recente con Gusci di cristallo, che è partito come singola immagine ma si è trasformato in una ultra-sintesi di ciò che in passato era emerso a pezzetti attraverso decine e decine di post, ed è solo per questo che è stato comunque pubblicato e, anzi, mi ha lasciato alla fine un buon sapore in bocca. Un sapore di crostacei liberi.




Ma insomma: quando scrivi deve essere chiaro a te, innanzitutto, che cosa vuoi dire, e per farlo bene è utile aver messo a fuoco che, anche se ogni cosa dipende da ogni altra, non puoi includere una descrizione passo-passo dell'intero Universo nel discorso: devi tener dentro giusto l'essenziale, spesso semplificare, e arrivare al punto nel modo più pulito possibile pensando anche - e soprattutto - all'esperienza del lettore.

Ora che sono praticamente alla fine di questo post - perché ormai ho disposto i pezzi sulla scacchiera per lo scacco finale - posso dirti qual era il polo attorno cui il discorso ruotava fin dalla prima riga:

Rifilare una stoccatina agli intellettualoidi che sbrodolano post interminabili e inconcludenti, rivelandogli che questo gli capita perché i movimenti della Storia, della politica, dell'economia e delle idee sono come i cicloni dell'atmosfera terrestre: non finisci mai di elencarne le cause, non finisci mai di descriverne le forme, non finisci mai di vederne gli esiti, non finisci mai di vederne interpretazioni possibili attraverso i vari filtri ideologici e concettuali; le situazioni si formano e si dissolvono e nessuno può abbracciarle veramente: sono zone emergenti del Tutto collegate a tutto il resto, sono fenomeni naturali, quindi nessuno può sperare di isolarne un unico senso, ancor meno di cogliere il senso di una loro parte isolata, men che meno di controllarne lo sviluppo.




Quello che facciamo scrivendo è intrattenere, noi stessi e chi ci legge, ammesso che esista veramente e che di ciò che scriviamo capisca quel che intendiamo e non quel che gli pare, come è più logico aspettarsi. Alla fine siamo operatori dello spettacolo, né più, né meno.

Ma, tra quelli che hanno un piano per ottenere quello che vogliono nella vita, esiste ed esisterà sempre una dicotomia fondamentale: ci sono quelli per cui quel piano riguarda tutto il resto del mondo, e poi ci sono quelli svegli, che hanno un piano che riguarda loro, basato essenzialmente sul girare al largo dei cicloni.

Tutto il resto sono pippe.





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