La danza di Shiva




Una leonessa insegue una gazzella. Quante vittime ci saranno in questa situazione?

La risposta media è: forse una, la gazzella. In un caso estremamente improbabile la leonessa potrebbe impalarsi in un tronco secco, e comunque così si salverebbe la gazzella.

Questa è la stessa modalità di ragionamento per cui l'animalista che libera i maiali destinati alla fiera del salume trucida lo scarafaggio che, tornando a casa, trova sul cuscino: il razzismo non ha confini, il rispetto per la Vita sì.

Ma se anche non trucidasse lo scarafaggio, e invece lo accompagnasse con dolcezza alla porta, comunque truciderebbe centinaia di acari della polvere che si stavano felicemente nutrendo e riproducendo tra le lenzuola e il materasso. E se anche dormisse in levitazione magnetica, truciderebbe migliaia di batteri facendosi il bidè prima di iniziare a levitare tra le braccia di Morfeo.

Così vediamo che nella folle corsa per la vita della gazzella e della leonessa, in realtà le vittime sono incalcolabili: è solo questione di quale scala vogliamo prendere in considerazione nel nostro ragionamento.

La logica conclusione è che l'estensione del reato di omicidio a tutto ciò che ti guarda da grandi occhioni è al tempo stesso troppo e troppo poco in qualsiasi modo lo si guardi. La realtà della situazione è che la Vita è comunque, intrinsecamente ed irrimediabilmente un'orgia di nascita e morte violenta. Se non riesci ad accettare questo la soluzione non è fare il sensibilone col passamontagna alla fiera del salume, ma è rivolgerti al Cielo e spedirla lassù una bella camionata di porci. Detto questo e sfogata l'adrenalina, sei pronto per un meritato cheeseburger.

Funziona così, bello, fattene una ragione.




Lo stesso discorso vale ovviamente anche nella ristretta prospettiva della dimensione umana: mettere al mondo gente può sembrarti una cosa bella, esaltante, doverosa e amorevole solo se non hai capito come funziona il gioco quaggiù e hai tanta voglia di stressarti e sbatterti per niente.

Per un osservatore delle persone è chiaro che in 99 casi su 100 si tratta solo di cieca esecuzione della Programmazione Culturale mista ad una bella dose di egoismo e illusione, ma per quell'1% che non rientra in questa vasta casistica le soluzioni possibili sono solo due: o non lo fai, oppure se lo fai mantieni una solida distanza emotiva dalla tua prole, perché sai che in ultima analisi è carne da macello per Madre Natura e anche per la maggior parte dei tuoi simili, che non si fanno problemi a tracciare linee di demarcazione tra chi merita di vivere e chi no: quelli del nord con quelli del sud, i bianchi con i neri, i credenti con gli infedeli, i sinistri con i destri, i guelfi con i ghibellini, i ricchi con i poveri, gli ortodossi con gli eretici, e chi più ne ha ne metta.

Questo è un gioco divertente solo per chi lo guarda da fuori, ma non per chi è in mezzo al campo. Lo sbattimento è tanto, il macello finale è assicurato e la ragione di tutto questo è introvabile. Perché così tanti dovrebbero farlo? Possiamo capire lo scarafaggio o l'acaro, ma noi? Siamo quelli superiori e consapevoli, giusto? Perché questo plebiscito invasato verso il futuro e la riproduzione? Che cosa c'è che ancora non è chiaro?




Di nuovo torniamo alla risposta: se non fosse così non saremmo qui a parlarne. E piano piano mi convinco che questa è davvero la risposta, l'unica possibile. Ogni volta che parlo con qualcuno ancora non-riprodotto e incontro lo stesso tassello della Programmazione Culturale che dice: "Certo che voglio figli!!!", mi accorgo che non c'è mai stata neanche l'ombra di un ragionamento dietro a questa ferrea certezza, così capisco che sto sbattendo contro uno dei confini di Matrix.

È così, non può che essere così, il software non può essere modificato in quel punto, o forse può essere modificato da me ora che ci sono, ma non poteva essere modificato prima per evitare un paradosso temporale che avrebbe condotto alla mia non-esistenza in questo mondo così com'è. D'altra parte il mio unico modo per lasciare questa idea dell'Estinzionismo è scriverne e parlarne, perché ovviamente non avrò figli a cui insegnarlo. Comunque mantengo la sensazione che questo tema sarà misteriosamente insabbiato dall'Universo e sparirà come è sempre successo ai miei predecessori, a partire da Buddha, che era un Estinzionista di prima categoria eppure, se lo chiedessimo ai buddisti, sarebbero tutti stralunati da questa idea, perché i religiosi sono persone che ripetono parole, non che le capiscono.

Gli umani in generale, essendo scimmie, sono entità che ripetono e specchio qualsiasi comportamento. Lo fanno con le parole e lo fanno coi gesti, i vestiti, le scelte di vita. È tutto un copiare e copiarsi a vicenda, ciecamente, e con un senso di allarme e indignazione quando appare l'insolito, l'inaspettato, il diverso: se non sei come noi sei fuori dal gruppo! Raus! Noi qui siamo tutti democratici!




Sotto le illusioni, l'umanità è uno spettacolo indecoroso e come tale indegno di ripetizione, solo che la ripetizione è il nome del gioco quaggiù, e quindi la Giostra continua a girare, le scimmiette parlanti continuano a digrignare ed illudersi, e sono troppo prese dalla corsa in tondo e dalle sue tragedie per alzare gli occhi ed accorgersi della danza di Shiva, il Distruttore, fatto tutto d'oro e illuminato dall'interno, che rotea in estasi sopra la Giostra calpestando vite, sogni, illusioni, buoni e cattivi senza alcun criterio o riguardo, come le vergini pestano gli acini d'uva per trasformarli fermentando in vino, sostanza utilissima nella Giostra, per continuare a dimenticare le domande che svelerebbero il Gioco per quello che è.

Il volto di Shiva è estatico, rivolto verso il cielo, gli occhi chiusi, il sorriso a scoprire i denti, le molte braccia allargate ad abbracciare ogni cosa. Ricordo le molte donne che ho visto in India a portargli offerte, a Shiva, al Distruttore, nei templi a lui dedicati e costruiti attorno a quel pilastrino di pietra nera, lo Shiva Lingam, il cazzo di Shiva - in gergo tecnico è un "simbolo fallico" - su cui le donne versano il latte in offerta, che cola sul pilastrino e scola lungo un canale fin fuori dal tempio. È un po' come dire: "caro, amatisssimo Distruttore mio! Ti faccio venire, vedi come ti sono devota? Per favore, risparmia me e i miei figli, calpesta qualcun altro quest'oggi, che per me c'è tutto il tempo e domani torno di nuovo a darti piacere come oggi!"

Ne vale davvero così tanto la pena?





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