Dal Festival della Scienza, Genova




Porto è la città del Portogallo che resta nella Storia per il vino Porto, da cui è derivato il vino Marsala. Girando per Porto la scorsa estate, alcuni giorni dopo il campeggio naturista, avevo una netta sensazione di déjà-vu con Genova, non stupirà quindi che a Genova abbia il senso di déjà-vu con Porto. A Genova però è il Pesto che regna.

Un paio di giorni al Festival della Scienza, un bell'appuntamento annuale che mi piace bazzicare quando riesco, e andando al sodo di questo post ne vengo via con un aneddoto che spicca su tutto il resto per quanto può interessare al Gregge; ai piedi di questo picco ci sono le modalità particolari di una città che è da sempre porto di mare, luogo di gente dall'aspetto ruvido e con quell'accenno di eccentricità vagamente zingaresca che ti aspetti dal mondo di Popeye, il Bracciodiferro che non a caso era un marinaio.




Città storicamente di sinistra, una delle roccaforti del vecchio Partito Comunista e patria di più di un artista/intellettuale per di là orientato. Ma girando per la città questo socialismo non è solo un'opinione politica, è un modo di essere, e quando vedi coi tuoi occhi l'idea tradotta in modo di essere la capisci molto meglio.




La stessa cosa mi era capitata in Thailandia, altro posto semplice e poco strutturato ma nei fatti efficientissimo, economico e piacevole.






Perché ciò che in entrambi i posti fa la differenza non è la potenza di una qualche organizzazione militar-ideologica, ma l'approccio delle persone alla vita, che si traduce in una sorta di auto-organizzazione spontanea che ha la sua logica nella dinamica naturale delle cose, in quel posto. Qualcuno la chiama Anarchia.




E questo si collega al nostro picco centrale:

è l'Idea che deve dare forma alla Natura,
o è la Natura che fornisce l'Idea?

Tutto si svolge in una delle conferenze, questa è sul tema della connessione tra Matematica e Natura, nella parte finale con il Domande/Risposte. Il tema era stato sviluppato da un matematico in combutta con un filosofo che lo rintuzzava, almeno un po', e ciò che probabilmente il nostro matematico non si aspettava era una coppia di bordate dal pubblico che lo mettessero spalle al muro.

Per capirci bene, il punto è: perché c'è una corrispondenza tra i numeri umani e la Natura?

La domanda nasce dall'osservazione che i numeri sono dei costrutti della Mente umana, mentre la Natura è un'altra cosa là fuori, non è quindi una curiosa coincidenza che le due viaggino così bene insieme?

Il matematico, che era tutto fuorché un oratore coinvolgente, aveva vagato un po' tra le questioni dell'infinito matematico, dello Zero - che è un numero tutto speciale - e i problemi della Crescita (che tende ovviamente all'infinito) soprattutto in relazione alla tecnologia, quindi informatica e algoritmi. Ogni questione finiva sempre in un "...ma chi lo sa..." perché dove non puoi avere certezze... non hai certezze! Sul tema centrale i due, il matematico e il filosofo, avevano tenuto un siparietto intorno alla domanda: ma il matematico inventa o scopre? Questo argomento li divertiva, e quel divertimento era il ridacchiare di una vergogna, come quando si racconta di una cacata di emergenza col culo fuori da un oblò, o cose del genere.

Qual era la vergogna?

L'ha svelata subito la prima domanda, ed è stato come tirar giù di colpo le braghe a tutti e due! Un ragazzo dalla prima fila - con l'aria dello studente di filosofia - non fa una domanda, ma afferma: "Tutto il problema nasce da una divisione a monte tra Mente e Natura, che è un assunto culturale e linguistico. Chi dice che siano separate e distinte? Questo è un dualismo ontologico, la Realtà è una cosa.".

I due impallidiscono, tornano subito seri e circospetti, deviano in calcio d'angolo e ricompattano la difesa.

A nulla valgono i loro sforzi: un uomo sulla cinquantina dal mezzo della platea eleva una vocina con cui in poche parole piuttosto tecniche snocciola un paradosso matematico che emerge dalla Fisica Quantistica, per cui perfino la cosiddetta realtà materiale si rivela un'inafferrabile entità a cavallo tra concretezza e proiezione, e di fronte a questo i due vacillano. È in questo momento che il nostro ignoto paladino sferra il colpo fatale: "...a meno che non riprendiamo la filosofia di Platone e parliamo di Spirito.".




"NO!" chiude secco il matematico.

Spalle al muro? Io penso che ad insistere un po' potevano farlo piangere, ma con quel "NO!" ha gettato la spugna e la maschera, dimostrando di essere personalmente attaccato ad una certezza su un argomento che è aperto quantomeno ad opinione, dato che di certezza non ce n'è alcuna e non potrà mai esserci, sulla denominazione di Spirito.

Ma c'è un indizio grosso come una casa: qualsiasi nuova idea, lo sappiamo tutti, nasce come intuizione. È spontanea, cioè nasce da qualche parte ed appare nella Mente all'improvviso, e poi può essere indagata e verificata, ma di certo non viene costruita: tutto ciò che è nuovo nasce prima come intuizione spontanea, cioè emerge dalla Natura nella Mente senza spiegazioni. Questo vale anche per i matematici. Un'idea è come l'Universo: ad un certo punto c'è e basta. E sai come si chiama quel momento in cui c'è e basta?

Si chiama adesso.







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