Essere vecchi dentro




Da un certo punto di vista Facebook non ha tutti i torti nel volermi fuori dalla visuale.

Dovrei decidermi: o fai il filosofo - e lo fai seriamente - o fai il comico, e fai ridere tutti. Ma fare entrambe le cose insieme - cioè il filosofo in modo ridanciano, ed insieme il comico, ma serio - produce un effetto spaventoso. Too much to take, direbbe l'anglofono.

Mi viene anche in mente una frase del Giorgio Montanini, stand-up comedian italico, che da qualche parte in un suo spettacolo parlava dell'Abisso in cui vive il comico, dal quale emerge solo quando sale sul palco e si sforza di produrre smorfie che ricordino dei sorrisi, utili a spegnere l'aggressività del pubblico che potrebbe scatenarsi in qualsiasi momento. Quei sorrisi nervosi sembrano ripetere ad ogni battuta: "Ehi, sto scherzando, eh?! Sto scherzando, per carità!" e invece non sta scherzando affatto. È quella la catarsi dello show. È una Messa più che cabaret.




Per capirci: qualche giorno fa un conoscente mi ha consigliato caldamente una serie su Netflix. Io in risposta gli ho detto che non è una sfortuna che si sia ritrovato single a 30+ anni, così può approfittarne per imparare a stare da solo e trovare un equilibrio autonomo. Ma non sono riuscito a fermarmi a quella banalità, ho aggiunto che può approfittarne per spegnere Netflix e incontrare il Silenzio, il Nulla, l'esistenza nuda. Conquistare la solidità definitiva imparando a danzare col Vuoto.

Ed ero sincero: io l'ho fatto, sono stato col Silenzio per anni, e ho scoperto l'indicibile in quel Silenzio.

Però stasera ho provato a guardare la prima puntata della serie Netflix che mi aveva consigliato, e ho capito che un abisso ci separa: non la sopporto. Non sopporto quasi più nessun film e nessuna serie. Vedere gli umani fare cose incredibilmente stupide con il piglio di chi sta facendo cose assolutamente importanti mi fa male alla testa. Tollero alcuni documentari, specialmente storici. Vite di artisti sconosciuti come Szukalski, evoluzione dei carri armati dalla prima guerra mondiale ad oggi, ascesa al potere di dittatori, serial killer. E poi gente che parla. Mi piace la gente che parla: filosofi, psicologi, artisti, scrittori. Però quelli strani. Mi annoiano terribilmente quelli che stanno nel loro tempo, mi piacciono quelli che spaziano nell'assoluto, tra le idee, i miti, gli estremi.




È stato anni fa che ho lucidamente scelto di abbandonare il Tempo Lineare e mi sono trasferito nel Tempo Ciclico. Sembra una cazzata, ma cambia tutto. Intanto smetti di vivere per ciò che verrà e cominci a vivere con quel che è, il che significa, ad un livello, le quattro cose e persone che hai attorno, ma ad un altro livello con gli assoluti che costituiscono il fondamento della vita. Jung li chiamerebbe archetipi, io li vedo come un sistema di anelli che intersecano l'Uno, qualcun altro potrebbe chiamarli gli antenati e i posteri, ma insomma l'idea è che c'è un punto immobile in un'altra dimensione e la vita della scimmia è il girare attorno a questo perno in infinite ripetizioni, combinando in varie forme gli stessi princìpi fondanti.

E qui arriva l'ironia di tutta la faccenda: uno qualsiasi dei convintissimi motociclisti californiani della serie Netflix, dediti anima e corpo al controllo del loro territorio, alla gerarchia del gruppo e agli scontri con le bande rivali, mentre scopano a destra e a manca mettendo al mondo altra gente per caso e in condizioni patetiche - insomma, perfette espressioni della cieca spinta vitale - probabilmente mi valuterebbe un po' squinternato, uno che ha perso la bussola.

Ma ai miei occhi sono loro che non saprebbero capire dove sono nemmeno con GoogleMaps.

Forse sono solo vecchio dentro, ma a me interessa più che altro avere qualcosa da mangiare quando ho fame, un posto morbido quando ho sonno, un posto caldo quando ho freddo, un po' di buona compagnia di tanto in tanto. Per il resto la mia attenzione sta quasi sempre lassù a ronzare attorno all'Omega, come una falena attorno al lampione. È da lì che vengono i miei post.




Omega, Uno, Eschaton, Dio, nomi diversi che indicano sempre quel qualcosa di trascendente che non si può dire (nonostante il beneplacito di Suckerberg), l'eterno, l'infinito, l'assoluto, dove risiedono tutti i princìpi fondanti del nostro Essere.

E a questo punto non saprei che dire a chi mi guarda: ti devo dire che sono vecchio dentro? Che sono un mistico? Un filosofo? Un pazzo?

In realtà la frase giusta per te dipende da chi sei tu, da quali cose hai nella testa e dal punto in cui ti trovi nel viaggio. Le cose cambiano a seconda della posizione da cui le guardi.

Anche chiederti sono stato chiaro? a questo punto non ha più alcun senso, perché io sono stato chiaro, ma non per il gatto. Il gatto mi fissa come se stessi fischiettando, per lui non fa differenza. Non ha capito un accidente di quello che ho detto e vive benissimo lo stesso, lui mi giudica solo da carezze e crocchette.

E vive pensando solo ad avere qualcosa da mangiare quando ha fame, un posto morbido quando ha sonno, un posto caldo quando ha freddo, e un po' di buona compagnia di tanto in tanto.

Chissà dove sta la sua attenzione, per il resto.





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