Profilo di madre




Qualcuno ieri parlava delle trasformazioni nelle immagini del profilo Feisbuk delle donne: prima sei un po' zoccola, poi si capisce quale sei della coppia perché il nome è femminile quindi non sei quello con la barba ma quella con le tette, poi appena diventi madre quello con la barba sparisce per sempre e restano madre e pupo.

Tante le considerazioni possibili, nessuna buona per i maschietti.




Nietzsche diceva che per la donna l'uomo non è mai il fine ma sempre un mezzo: il fine è il figlio. E ci può stare, se non altro come regola generale, supportata da questo fenomeno delle immagini-profilo, che rappresentano fedelmente la reale sequenza naturale della meccanica riproduttiva umana, in cui l'uomo entra in gioco per un breve periodo al fine di inseminare. In generale per la Natura l'unica cosa che abbia senso è la riproduzione, mandare avanti la Giostra, tutto il resto è intrattenimento.

Ma c'è un aspetto ancora più inquietante della faccenda: ho visto più volte madri fare entusiastiche dichiarazioni pubbliche - premiate da secchiate di [mipiace] - in cui esplicitamente affermano che il desiderio fondamentale era di OTTENERE un amore incondizionato ed inflessibile, dalla prole.

Alla faccia dell'altruismo.




Mi piacerebbe fare leggere certe affermazioni ai loro figli quando, durante l'adolescenza, già le staranno maledicendo. Leggendo certe dichiarazioni probabilmente i figli penseranno seriamente al femminicidio, che però in questo caso si chiama matricidio.

Il vero problema è che sono affermazioni sincere.




Ed è vincere facile: il bambino non esattamente ti ama, più che altro è programmato per dipendere da te al 100%, sono due cose molto diverse. Ti darà forse quella sensazione, ti farà sentire indispensabile e insostituibile per qualcuno, ma è qualcuno che hai creato apposta sapendo che non avrebbe avuto altra scelta, e che, per il tuo sfizio di avere quella sensazione, poi si troverà in groppa tutto il resto dell'esistenza, di cui sappiamo bene: brancolare nel vuoto cercando un motivo (o per lo meno un anestetico).




Questo ci conduce al problema dell'amore, o meglio al vuoto dell'esistenza che cerchiamo di riempire con l'amore (e molte altre cazzate): tutti veniamo da un'esperienza di affidamento totale ad un'entità superiore che ci accudisce: la Madre. L'esperienza è di un progressivo distacco mentre ci avventuriamo nel mondo a malincuore, un distacco che lascia una cicatrice nella memoria e che per tutta la vita cerchiamo di compensare - almeno finché non ce ne facciamo una ragione e ci rassegniamo ad essere per conto nostro, che è sempre meglio che male accompagnati.




Questa rassegnazione non arriva facilmente, le proviamo tutte prima di accettarla, e così si formano le coppie e le famiglie, e la Giostra compie un altro giro. Da qualche parte leggevo che l'amore è il modo in cui il cervello ti punisce per non essere riuscito a stare da solo. Poi le famiglie si disfano - perché sono innaturali - e così torniamo al punto di partenza, con dei volontari in più per la Giostra e gli alimenti da versare.

Anni fa in qualche libro avevo letto la frase: "siamo tutti vittime di altre vittime". Già. Il problema è: stiamo imparando dagli errori?


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