Le lucciole del 2015
Notte ventosa quella passata, e al mio parchetto i grandi alberi si muovevano come enormi alghe nella corrente, frusciando in modo assordante. Siamo alla fine di giugno e delle lucciole ormai non c'è più neanche l'ombra.
L'anno scorso erano apparse nel mese di maggio, regalandomi uno dei momenti più magici della mia vita quando in una notte di luna nuova sono emerse dall'erba alta in ogni dove riempiendo tutto il paesaggio con le loro silenziose scintille lampeggianti, a migliaia e migliaia. Dovevo avere centrato una notte di apice, l'orgia massima di festa, accoppiamento e deposizione delle uova.
La forma della lucciola aveva dormito da qualche parte per 11 mesi finché quest'anno, dopo la metà di maggio, ha portato al ripetersi del fenomeno durato 3 o 4 settimane, quando di nuovo lo stesso luogo è stato popolato dagli adulti bioluminescenti a intermittenza che hanno ripetuto il ciclo vitale, scomparendo di nuovo prima della metà di giugno.
Ecco il pensiero che mi ha colpito questa notte: le lucciole come lucciole esistono solo nel mese di maggio. Nel mese di luglio sono estinte, non ne esiste più nemmeno una viva! Nell'Universo delle lucciole volanti non esiste l'inverno, non esiste il ferragosto, appaiono per un mese all'anno e poi si estinguono per 11 mesi nei quali la loro esistenza in quella forma è affidata al DNA custodito nelle uova abbandonate in giro nell'erba del parchetto.
Non sono le uniche ad esistere in questo modo nell'incredibile puzzle della biologia.
C'è una farfalla che appare in milioni di esemplari solo una volta ogni 7 anni, e molte specie vivono in modo simile a questo e in modi anche molto più strani; vita latente per la maggior parte del tempo, ma d'altra parte che cos'è il Tempo mentre non ci sei?
C'è una farfalla che appare in milioni di esemplari solo una volta ogni 7 anni, e molte specie vivono in modo simile a questo e in modi anche molto più strani; vita latente per la maggior parte del tempo, ma d'altra parte che cos'è il Tempo mentre non ci sei?
Pensando a questi fenomeni incredibili e alle profondità del tempo che queste creature hanno attraversato nel viaggio che le ha portate fino a vedersi apparire intorno le Scimmie Pazze con la loro mania di tagliare l'erba perché anche l'erba deve essere ordinata - tutto deve essere ordinato per le Scimmie Pazze, se no danno ancora di più i numeri! - ho pensato ai nomi che noi diamo alle cose, e al potere descrittivo - e illusorio - che le parole ci paiono possedere.
In particolare pensavo all'inglese: la lucciola in inglese si chiama firefly (mosca di fuoco), la farfalla butterfly (mosca di burro), ma a questo punto fly (mosca) si rivela una traduzione forzata perché fly significa genericamente volare; quindi fly non è tanto la mosca quanto qualsiasi insetto volante non identificato.
Così ho immaginato il bambino - o l'uomo paleolitico - che imparando a produrre suoni con la bocca per indicare cose, comincia ad indicare l'insetto volante con la rudimentale parola volare. Punta il dito e dice Volare! Volare! E non distingue un cosino volante da un altro, tutte le cosine piccole che volano sono volare! e solo più tardi ne identifica qualcuna più caratteristica di altre con l'aggiunta di un'altra parola, da cui butter-fly e fire-fly. Per le api, che producono il miele e quindi sono più interessanti, coniamo una parola speciale, bee, che probabilmente viene da busy perché si dà un sacco da fare per la sua comunità mentre noi umani la tassiamo per fare la nostra torta, pie.
In quel momento ho visto chiaramente lo schermo di rudimentali segnali acustici della comunicazione paleolitica che si interpone tra l'Uomo e la Realtà nella sua sconfinata complessità, che giustifica l'invito di tanti ad andare oltre l'illusione di conoscere le cose solo perché si possiede una parola per chiamarle. I miracoli sono ovunque attorno a noi, ma bisogna superare la sensazione di familiarità e scontatezza data dal possesso di nomi per definirle, e cominciare nuovamente ad osservarle e viverle per le meraviglie che sono realmente.