Patrimonio e Matrimonio
Le parole nascondono più di quel che sembra quando le si usa ingenuamente in automatico, per sentito dire. Così capita di non accorgersi che le due grandi ambizioni dei sessi, il Denaro e la Riproduzione, sono stampate culturalmente nelle parole che gli orbitano attorno:
I maschi puntano al Patrimonio, le femmine al Matrimonio. Pater, Mater.
Patrimonio è il dovere di Padre, Matrimonio è il dovere di Madre.
L'uomo deve possedere cose per dare rifugio alla chioccia e alla sua prole, la donna deve legarsi ad un uomo per occupare le sue proprietà e sfornare cuccioli.
Un uomo senza Patrimonio non vale il suo peso in letame, una donna senza Matrimonio è inutile come una granita tra i pinguini, perché - come tutti sappiamo - il fine della vita è far girare la ruota, siamo o non siamo criceti?
Per la società e la cultura, in altre parole, la vita serve solo a mandare avanti la vita, cioè il tempo è tutto: il punto non sei tu, tu sei uno strumento di altro che ti trascende, vuoi la Nazione, vuoi la Specie, vuoi la Religione, qualunque cosa ma non tu. Tu non sei il Fine, questo è il messaggio che cultura e istituzioni hanno per te: la tua esistenza è solo un passaggio necessario, fai quello che devi, lavora, consuma, riproduciti e crepa che ci serve spazio per altri, inutili come te.
Forse in quest'ottica vedi che c'è qualcosa che non funziona in tutta la Giostra. I sempliciotti raggiungono la vetta dell'illuminazione filosofica con l'affermazione che la vita è bella, che è un esempio di compartimentalizzazione mentale perché non è vero e in un altro compartimento della mente lo sanno benissimo, ma per quello ci sono i preti, i medici, gli psicologi, la birra e un sacco di altri rimedi di dubbia efficacia.
La gente confonde l'istinto di auto-conservazione, la spinta animale alla sopravvivenza, con l'attaccamento, l'amore per la vita; sarà una spiegazione logica che per qualcuno ha senso, ma non regge ad un'osservazione attenta perché le espressioni sulle facce delle persone raccontano un'altra storia.
In sostanza quello che molti fanno è cessare di esistere in modo consapevole il più presto possibile, entrando negli automatismi, obbedendo alle regole; si mettono su una rotaia così non devono pensare perché c'è sempre qualcuno che gli dice che cosa fare, e in questo modo sperano di passare in modo sicuro e protetto dalla culla alla bara, senza sobbalzi, cercando di non essere mai investiti dalla pienezza dell'Esistenza che tanto generosamente regalano ad altri, ricominciando il ciclo da capo per il Grande Fine Supremo di mandare avanti la Giostra, che serve alla Giostra, che serve alla Giostra.
Fico.
Il risultato di svegliarsi da questo torpore è che all'improvviso ti rendi conto di cose che hai sempre avuto sotto gli occhi, e in quel momento niente è più scontato, niente è più una verità pre-critica: sei ben sveglio alla presenza del Mistero che avvolge tutto come l'Oscurità in cui si perde la Luce di una stella, e nessuno può più venire a somministrarti per via anale una qualche verità-supposta, che ha tutta la sua forza nel solo tono perentorio di chi non ammette discussione.
A quel punto la tua risposta è un distratto ...stronzate...
E ti rendi conto che se non ha una sua piena completezza la tua singola Esistenza di per sé, nessun'altra potrà averla: sei al cospetto dell'Universo, la tua esperienza dell'Universo è tutto ciò che avrai mai, quindi questo è il punto.
Magari il centro di Tutto sei proprio tu, Tutto è servito solo per portare te ad essere qui in questo momento. E se così fosse? Stai onorando l'aspettativa o stai solo larveggiando come un coglione in attesa che tutto sia finito, per tornare al tanto agognato non-esserci?